AVVISO AI NAVIGANTI: DAL 15 SETTEMBRE LA VETRINA SI E' SPOSTATA SU NUOVO BLOG.

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NUOVO BLOG: www.ninomalgeri.blogspot.com ci si può collegare anche subito, cliccando sul veliero.

domenica 31 agosto 2008

Nella foto: Balene sbuffanti da http://gallery.gotoscience.com/main.php?g2_itemId=13070
Con la giornata di oggi, si chiude ufficialmente il periodo delle vacanze, si torna tutti a casa, e da domani si ricomincia il solito tran tran quotidiano e si ritorna alla normalità.

Ultime notizie: da La Repubblica : L'uragano Gustav sta avanzando verso New Orleans, con una potenza molto superiore al Katrina di tre anni fa quando mise in ginocchio l'intera città, pare che questo Gustav sarà ancora più devastante, ma gli esperti dicono che ci fu un caso simile nel lontano 1884, quindi siamo nella norma;

Il rientro dalle vacanze come tutti gli anni, nonostante le famose partenze intelligenti, è la solita sfilza di code chilometriche su tutte le autostrade e i soliti incidenti, con le auto accartocciate ed il solito contributo di vittime e feriti al Dio ferragosto, pare che sulla Salerno-Reggio Calabria ci sia stato un maxi tamponamento che ha coinvolto circa centocinquanta autovetture, la polizia è sulle tracce della macchina che ha frenato per prima;

Per fortuna ci sono anche le buone notizie: E' iniziato il campionato di calcio, cosi' per tutto il tempo a venire, fino alla prossima estate, avremo di che trastullarci guardando le gesta dei nostri beniamini in mutande, ci sarebbe il trascurabile episodio di Napoli , ma pare che anche questo rientri nella norma, su questo argomento invito a leggere il racconto di Stefano Benni che verrà postato domani lunedi'.

In questo periodo vacanziero, ho quasi completato la costruzione del blog, per tutto il mese di agosto, come promesso, ho inserito ogni giorno un racconto di Stefano Benni ,(un giorno disse:"Quando ero giovane facevo il prestigiatore, riuscivo a far scomparire un'oca, non ero io che ero capace, era l'oca che era molto brava"), ed una poesia cultural-gastronomica di Aldo Fabrizi , per chi non li avesse letti consiglio di leggerne almeno uno, dopodichè sarà automatico leggerli tutti, perchè sono veramente da gustare, possibilmente in compagnia; Manca ancora qualche dettaglio, ma credo che in generale il periodo di rodaggio possa essere concluso, ringrazio le tante persone che mi hanno telefonato ed inviato mail di apprezzamento, e adesso mi sembra doveroso fare qualche precisazione:

Questo blog non vende nessun prodotto, vuole essere solo una vetrina delle migliori produzioni di arredo Made in Italy, e un luogo d'incontro fra consumatori, aziende produttrici certificate ISO 9001 e ISO 14000 e punti vendita qualificati sparsi su tutto il territorio nazionale isole comprese, ma è anche una raccolta di scrittori ed artisti vari, che mi hanno accompagnato nei miei cinquantacinque anni di vita, premesso tutto ciò, vado ad elencare i punti essenziali per una buona navigazione del blog.

In alto a destra trovate la scritta "crea blog", entrate ed informatevi, creare un blog è semplicissimo, sarebbe capace anche un bambino di dieci anni, ... dice, ma dove lo trovo un bambino di dieci anni che me lo spiega?, consiglio a tutti, aziende e punti vendita di aprire un blog, prendete esempio dalla Melicos , azienda che ha inserito ben due blog nel suo sito; Nel futuro sarà indispensabile questo strumento, sono già duecento milioni i blog nel pianeta, ed ogni giorno ne nascono migliaia, pensate ad una rete di operatori collegati fra di loro per scambiarsi notizie, informazioni e cultura.

Al centro del blog, troverete ogni giorno un post dove si parla di diversi argomenti, una bella immagine, e la pillola del giorno che consiste in una citazione, un aforisma, una battuta umoristica ecc.

Sulla destra ci sono i feed per iscriversi alle liste dei quotidiani o altro, subito dopo le traduzioni in inglese e francese, dopo ancora il mio benvenuto ed il mio profilo (la mia immagine è stata disegnata da un grande artista, l'Architetto Pino Mosca , arredatore e designer che mi onora della sua amicizia, visitate il suo sito, rimarrete estasiati dalle sue pitture murali) cliccando sull'immagine troverete alcune notizie che mi riguardano.

A seguire ci sono i blog di Panta rei e vacanze romane gestiti da Anna Maria Pelle e Zeno Malgeri , Panta rei al momento è un doppione di questo blog, in futuro parlerà di fonti rinnovabili di energia, di bioedilizia e bioarchitettura (ogni azienda dovrebbe cominciare a pensare a ridurre i consumi energetici e dotarsi di impianti che utilizzano fonti rinnovabili quali il sole, il vento, l'acqua, il geotermico; Rimando per questo argomento all'intervista a Jeremy Rfkin per capire bene di cosa si parla), vacanze romane parla di un appartamento dato in affitto come casa vacanze a Roma, guardate le foto di Roma, ascoltate la musica in lista, e gustatevi gli spezzoni dei film ambientati nella città eterna, tra gli altri: I soliti ignoti , Vacanze romane ed altri, vedrete una Roma d'altri tempi, dove era veramente piacevole viverci.

Proseguendo nella navigazione trovate l'elenco dei post e le date di pubblicazione, l'elenco delle gare ed appalti banditi dalla pubblica amministrazione, per questo argomento il rimando è su Avvisi di gare e appalti. , chiedete di partecipare alle gare è un vostro diritto!
Nel settore etichette ci sono gli elenchi delle altre aziende produttrici non comprese nella home page, i punti vendita del resto del Lazio ed Umbria ed alcuni punti vendita di ogni regione, questi ultimi saranno completati con la collaborazione delle persone di riferimento che si trovano in cima ad ogni elenco punti vendita ; Ci sono inoltre gli elenchi dei personaggi (scrittori, pittori, attori, cantanti)preferiti.

A seguire c'è l'elenco dei blog che frequento abitualmente, creati da persone veramente interessanti, consiglio vivamente di visitarli; Dopo alcuni siti che parlano di raccolta differenziata e pannelli fotovoltaici, troviamo Wikipedia la più importante enciclopedia on-line.
A questo punto ci sono le immagini dei prodotti delle aziende, con un link entrate direttamente nei loro siti, lo stesso dicasi per le immagini relative ad ogni punto vendita, si possono visionare gli articoli, e chiedere le informazioni che interessano;

Siete arrivati ai siti dei principali quotidiani, tra i quali segnalo il giornale on-line Buone notizie originale quotidiano che pubblica solo buone notizie, ed a una serie di siti che parlano di arte e fotografia, si possono visionare delle bellissime ed intriganti immagini; L'argomento successivo riguarda alcuni servizi di Google: Le immagini di Picasa,i video di you tube, l'universo in tridimensionale e il servizio di traduzione simultanea in diverse lingue.

Infine troviamo wuz l'elenco di tutti gli scrittori del mondo, e per ultima la musica, digitate il cantante o il musicista che vi piace e sarete accompagnati dalla sua musica.
Sono iniziate anche due rubriche, riportate fra le etichette: Il sabato dell'azienda e La domenica dello scrittore, ogni settimana verranno presentati un'azienda del blog e la biografia con relativo racconto di uno scrittore compreso nell'elenco del blog.

Accetto vostri contributi e notizie sugli argomenti trattati, proseguiremo la navigazione nei prossimi giorni.

con osservanza
Il vostro umile servitore.

Pillola del giorno: In cucina nun se parla

Pè fà che 'sta minestra venga bona,
ce vò prudenza, amore, disciprina:
stateje addosso tutta la matina!
Prego la donna e avviso la padrona.

La femmina cià un vizio: è chiacchierona;
e quanno che se chiacchiera in cucina,
ar minimo,'na cosa se rovina:
er fòco nun aspetta e nun perdona.

Er vizio der telefono è'r più brutto:
combina sbaji, come la signora...
che disse: "Fija... qui sta brucianno tutto!".

E a li pompieri corsi pè 'sto sbajo,
disse: "Ch'esagerata la mi' nora...
s'era abbruciato 'no spicchietto d'ajo!".
Aldo Fabrizi.

sabato 30 agosto 2008

Nella foto: "Ragazze non vi perdete!" immagine da http://gallery.gotoscience.com/main.php?g2_itemId=8960

Secondo brano di Bar Sport Duemila. Di Stefano Benni.

L'inferno di cristallo

Altro bancone insidiosissimo. Tutto è riflesso, tutto è specchiato e moltiplicato in un vorticoso gioco di trompe-l'oeil e tranelli prospettici. Anche la vetrina e le pareti partecipano al caleidoscopio. Il barista potrebbe essere davanti, ma anche dietro di voi. Il caffè che avete ordinato tarda ad arrivare perchè il barista è lento, oppure perchè lo avete ordinato al riflesso del barista, che in realtà è venti metri più in là. Chiedete un whisky ma il barista dovrà capire , tra le cento bottiglie riflesse, qual è quella vera, e poi vi verserà il whisky in testa. Pensavate di girare il cucchiaino nel vostro caffè e invece lo avete infilato in bocca a un bambino. Non è un krapfen che tenete tra le mani, ma la guancia di una signora. E cosi via.
Una volta, in uno di questi bar, un cliente chiese un toast.
Il barista rispose che li non si facevano toast.
- Eppure - insistette il cliente, - qua c'è scritto: "tost e panini caldi".
- No, signore, - disse il barista - la scritta che lei vede è quella del bar dall'altra parte della strada.
Il serpentone

Bancone quanto mai impegnativo, composto da metri e metri di materiale laterizio. Il barista corre da un lato all'altro sudando e spostando l'unica zuccheriera. Quando il serpentone si unisce al monolito, si crea il moloch, sogno e incubo di ogni barista. Un blocco lucente, ispirato alle statue dell'isola di Pasqua, per trasportare il quale è necessario un autosnodato. Assistemmo una volta al montaggio di un moloch in un piccolo bar di periferia. Il padrone era molto contento. Solo dopo alcune ore si rese conto che il bancone occupava l'intero bar, e non c'era più posto nè per lui nè per i clienti. Per qualche settimana riusci a sbarcare il lunario mostrandolo alla gente: dieci minuti, mille lire. Poi con una sega elettrica lo tagliò in otto pezzi e li vendette come sculture moderne. Sette sono attualmente esposti nella villa di un produttore romano a Torvajanica,
l'ottavo è in un museo di San Antonio (Texas).
Il bancone marino

Vecchio e classico bancone di legno, con oblò, rifiniture in ottone, conchiglie incastonate e mummie di aragoste. Certo, fa effetto vederlo fuori dal suo abitat navale in un bar di città. Ma funziona sempre , specialmente se il barista ha una benda sull'occhio.
Ha solo due inconvenienti: per prima cosa attira stormi di gabbiani, che lo caramellano di guano e rovistano nella spazzatura. Inoltre, anche se dista trecento chilometri dal porto, la sera si riempie misteriosamente di marinai che si ubriacano, sfasciano tutto in risse interminabili e misteriosamente spariscono.
Il secondo inconveniente è che provoca , in soggetti particolarmente sensibili, feroci attacchi di mal di mare. Dopo un solo bicchiere di birra vomitano e si sdraiano per terra, chiedendo quando finisce la traversata.
Il caso più misterioso avvenne nel 1983 in un bar sulle montagne di Arezzo. Verso mezzogiorno il padrone apri la porta e una misteriosa ondata portò via lui e una decina di clienti. Solo tre vennero recuperati al largo delle Celebes, degli altri nessuna traccia.
... continua
Per leggere il resto del racconto, si consiglia di acquistare il libro presso un qualsiasi punto vendita Feltrinelli , da leggere in compagnia e da regalare anche agli amici (Terza ristampa nel marzo del duemila).
Pillola del giorno: Er minestrone
I
Cò sellero, carota, pomidoro,
ajo, cipolla, cucuzzetta, bieta,
lattuga, indivia, ortica de pineta,
cavolo, fava, cavolfiore, alloro,

basilico, piselli, rape, poro,
e l'odori dall'A fino alla Zeta,
viè fora un piatto da nottata quieta:
cò un sonno lungo e tanti sogni d'oro.

Bollite a crudo a focarello lento,
cosi che li tesori de la tera
profumeranno tutto il casamento.

E a 'st'epoca de puzze e de veleni,
quanno versate dentro la zuppiera,
v'appariranno mille arcobaleni.
II
La tera, l'acqua e 'r sole, a rotazione
ce danno tra li doni de natura
er bene de Dio de tutta la verdura
seconno er teritorio e la regione.

E allora se lo famo un minestrone?
cosi, come anti-male, o come cura,
magara pè levasse la paura,
de fasse pugnalà da un'ignezione.

Perchè ner caso er liquido fa mappa
o l'ago pijia 'na vena, sarv'ognuno,
si ce t'accoje, te saluto chiappa!

Diventa grossa come 'na pagnotta
cor solito pericolo che ognuno
senza sapello te ce dà 'na botta.
Aldo Fabrizi.

venerdì 29 agosto 2008

Bar Sport Duemila. Di Stefano Benni.

Nella foto: Salvador Dali, La vecchiaia di Guglielmo Tell (1931) da http://www.salvadordali.it/gallery/1931/galleria.html?10

Nel 1997 Stefano Benni pubblicava il mitico Bar Sport, che dovrebbe essere obbligatorio nelle scuole, nel duemila è uscito il seguito: Bar Sport Duemila, dopo la carrellata agostana dei suoi racconti, propongo alcuni brani di questo libro.

Bar Sport Duemila. Di Stefano Benni.

Psicopatologia del bancone da bar. Una strana e contagiosa malattia ha iniziato a colpire i bar e i locali pubblici verso la fine degli anni settanta: il suo nome è "sindrome del bancone", o megalobancomania. Questa sindrome porta a cambiare ossessivamente il bancone del bar ogni quattro-cinque anni. E ogni volta il bancone diventa più grande, più scomodo ed esteticamente incomprensibile. Si possono cosi incontrare, in piccoli bar di paese, dei monoliti di alabastro nero del peso di dieci tonnellate, portati li da non si sa quale astronave. Parimenti dei bellissimi banconi di legno perfettamente funzionanti vengono sostituiti con banconi a "esse", a labirinto, pralinati con lapslazzuli, in materiali che vanno dalla bachelite arancione al vetro blindato. Gli stili passano dal rococò-maya al neo torronico bugnato, dal liberty-linoleum al Barbie-Godzilla, dal Cheope-Chippendale al post-Benito, dal gotico-zotico al Luigi-X-Files, Dall'assiro-bullonese al techno-etrusco, in una gamma di orrori mineralogici e geometrici senza limiti di spesa, di tonnellaggio e di vergogna. Ecco alcuni dei più strabilianti.

Il monolito
E' un bancone di marmo, o travertino, di colore scuro, del peso pari a quello di un sottomarino
nucleare, che viene calato nel bar con tecniche ancora più misteriose di quelle usate per le piramidi egizie. Anche se ingentilito con zuccheriere di Murano e scalinate di caramelle, mantiene l'aspetto di una grossa lapide, o mausoleo funerario. In un bar di Vigevano, negli anni ottanta, si presentò agli occhi dei clienti un gigantesco blocco di marmo grigio. Non appena fu lucidato, apparve la scritta: A Matteo sposo esemplare la vedova inconsolabile. Questo potrebbe confermare l'ipotesi che gran parte di questi banconi siano residui cimiteriali riciclati.
Il pregiato catafalco può essere impreziosito con rifiniture in oro, pietre preziose, bassorilievi, mosaici e soprattutto gadget. abbiamo cosi alcune varianti.
Il superaccessoriato
Tipo di bancone usato nelle città ricche e in zone abbienti. In esso si sposa l'ideale estetico dei più alti esempi di pacchianeria e cattivo gusto mai raggiunti nel nostro paese: l'arte souveniristica e il defilè di moda televisivo. Il materiale è in vetroresina rosa bordello da emiro, o un lastrone di iceberg salmonato. L'importante è che sotto il sapiente gioco di luci, impostato da uno specialista in discoteche, tutto brilli e mandi riflessi accecanti sugli avventori. Su questo apparato si ergono alcuni distributori di caramelle alti fino a due metri, un'edicola di biscotti, quattro bidoni di yogurt di diversi colori, una cioccolatiera che rimesta la stessa cioccolata dal giorno dell'inaugurazione, una macchina che fa cubetti, sfere e ottaedri di ghiaccio, e un gigantesco rotore cha agita una fanghiglia verde che potrebbe essere granita o cremolato di iguana.
Sul bancone sono allineate decine di vassoietti contenenti pizzette, pistacchi, pannocchiette, anacardi, capperi, olive nere, olive verdi, salatini, arachidi, cetrioli, patatine e affini. Frequentando uno di questi banconi un bevitore di Campari può vivere a sbafo per tutta la vita. Mazzi di bustine di zucchero, zucchero di canna, zucchero dietetico e zucchero per mancini occupano le zone restanti. Nell'unico spazio libero ci sono la pubblicità del Beaujolais nouveau, e un vaso criselefantino con le offerte per il rifugio del Levriero.
L'inconveniente di questo prodigioso bancone è che nessuno sa dove sia il barista, sepolto dietro la parata di optional. Se riuscite a scoprirlo, tra il distributore di yogurt a la cioccolatiera, o dietro una palizzata di bottiglie, potete provare a chiedergli un caffè. - Mi dispiace signore, - risponde affranto, - ma non saprei proprio dove mettere la tazzina.
Il Transilvania superstar
Detto anche "Bara di Dracula". Blocco di marmo nero con disegni in oro, distributore di birra alla spina in avorio, sgabelli in osso. Il barista apre solo dopo la mezzanotte.
Il girotondo della morte
Semicerchio di alabastro verde pisello con ringhierina rococò, e sedili formati da tronchetti traballanti che spesso crollano al suolo senza motivo apparente. Se uno dei clienti perde l'equilibrio, trascinerà tutti gli altri in una caduta circolare, e l'ultimo precipiterà giù per le scale della toilette.
Il grande labirinto
Inventato da un architetto sadico in un giorno di ascesso dentario, questo bancone ha il compito di rendere il più possibile scomoda la vita del barista e degli avventori. E' fatto a "elle", a "esse", a "doppia vu", a percorso di motocross, ogni forma insomma, che impedisca una normale razionalizzazione del lavoro. Le bottiglie sono sospese in alto, impiccate ad anelli metallici, e il barista ci può arrivare solo saltando.
La lavastoviglie è sul bancone, vibra e schizza getti di vapore caldo sui clienti, mentre la macchina del caffè è in fondo a un tornante a sinistra, nascosta da una catasta di tazze.. E' quindi impossibile ottenere un caffè caldo, perchè la tazzina, per arrivare dalla macchina espresso al bancone, impiega circa un minuto e mezzo. I clienti più abili usano il vapore della lavastoviglie per scaldarsi il cappuccino o arricciarsi i capelli. Per il gioco delle sedie, girate e contrapposte in strane angolazioni, alcuni avventori stanno di spalle e possono bere solo attraverso cannucce speciali con retrovisore, altri devono mangiare tenendo il piatto sulle ginocchia del loro dirimpettaio. Ne nascono amori e antipatie. A volte può crearsi il famoso "vortice cosmico": un misterioso scambio di posti per cui tutti i clienti si ritrovano all'interno del bancone e i baristi seduti sugli sgabelli. Il fenomeno è allo studio della Nasa.
Fine prima parte.
Pillola del giorno: Er pangrattato

Me ricordo che all'epoca de nonna,
sentivo di che a tavola è un peccato
si ce se mette er pane rovesciato,
dice, perchè fa piagne la Madonna.

Sarebbe insomma, come si 'na donna,
la prima sera, doppo ch'ha sposato,
nun vò la luce e appena che ha smorzato
se butta a letto a bocca sotto e a sponna.

Perciò, a lo scuro, er povero marito
và a tasto e ner sentilla in quella posa
nun sa s'è pè vergogna o pè un invito.

Tenta d'arivortalla, poi se fionna,
forse perchè capisce un'antra cosa,
e scambia er colosseo cò la rotonna...
Aldo Fabrizi.

giovedì 28 agosto 2008

Adelmo Ferrari, seconda parte. Di Stefano Benni.

Nella foto: Immagine da http://terreoltreconfine.blogspot.com/

Seconda parte del racconto: Adelmo Ferrari. Di Stefano Benni.

Adelmo Ferrari, reduce dal turno di notte, è arrivato al semaforo di via Lenin alla pari con Micàcchni. I due hanno iniziato a sgasare rumorosamente. Pioveva leggermente, e questo dava un lieve vantaggio al Ferrari, più forte sul bagnato, perchè gli piove sempre dentro attraverso la capotta. Al verde i due erano appaiati. Purtroppo la partenza è il lato debole del Ferrari, che ha il cosiddetto piede a banana, che non fa presa sull'accelleratore. Ma questa volta Adelmo ha modificato l'assetto della Cinquecento incollando un tagliere da cucina sul pedale, ed è scattato conquistando la pole position. Il bolide rosso è entrato nella chicane della Velda con tre secondi di vantaggio. Ma qua lo attendeva il primo imprevisto. Nonna Velda stava nutrendo i suoi cinquantasei gatti, che stazionavano in mezzo alla strada.
Le alternative erano: uno, sospendere la gara e chiedere la safety-car, due, deviare attraverso il giardino della Velda, tre, schiacciare tutti i gatti. Sportivamente Adelmo Ferrari sceglieva la seconda soluzione e, pur massacrando l'orto dei pomodori, rientrava sbandando in via Monza. L'antisportivo Micàcchini invece puntava dritto a tutto gas, dimezzando la dotazione di gatti, e si ritrovava in testa di sette secondi. Ma la sua slealtà veniva punita. Arrivava lungo alla pozzanghera Tabarroni, ci affondava dentro, e spegneva il motore. Purtroppo Ferrari non poteva approfittare della disgrazia, in quanto aveva danneggiato una ruota urtando un nano di gesso durante l'attraversamento del giardino. La gara era ora in mano ai due team. Il team Micàcchini, formato dal pilota a dai due fratelli. E il team Ferrari, che oltre ad Adelmo comprendeva la moglie Nilde e il figlio Pompeo, piccolo grande stratega. Il team Micàcchini era indeciso tra due tattiche: succhiare con una pompa tutta l'acqua o tirar fuori l'auto con le braccia. Il team Ferrari invece decideva subito. Nilde Ferrari, donna di grande potenza fisica, allenata da anni di sfoglia, avrebbe sollevato la Cinquecento, Adelmo avrebbe cambiato la gomma e Pompeo avrebbe fatto il Montezemolo, cioè non avrebbe fatto un cazzo.
Il pubblico da balconi e finestre stava col fiato sospeso, avendo compreso che in quegli istanti si decideva la gara. Il team Micàcchini cercava di portare la Mercedes in secca, ma era disturbato dal continuo lancio di secchi d'acqua arricchita alla merda da parte di Tabarroni. Inoltre c'era il dubbio se vuotare la macchina o partire carichi di settanta litri d'acqua e di fango. Nel team Ferrari c'era incertezza su quale gomma montare: quella da autobus rubata l'anno scorso o quella rappezzata di dieci anni prima. Pompeo optava per quella più vecchia e collaudata.
Tutto si decideva in pochi attimi: Micàcchini terminava il pit stop in centosedici bestemmie e ventitrè secondi, e tornava in pista con la macchina che spandeva acqua che pareva una cisterna. Ferrari cambiava la gomma in soli ventisei secondi ma, ahimè, ripartiva in seconda posizione. Le due auto si presentavano in questo ordine sul rettilineo finale, e tutto sembrava deciso. Ma ecco il colpo di scena. La Mercedes di Micàcchini, piena d'acqua, perde velocità e dalla marmitta , intasata di pelo di gatto, esce fumo nero. La Ferrari recupera, è a un secondo e tre decimi, quando la gomma d'antiquariato esplode. A questo punto, il capolavoro di Adelmo. Sentendo il rumore del copertone che perde aria, egli sfonda coi piedi il pavimento della Cinquecento, e unendo la spinta delle gambe al getto d'aria della gomma, decolla e sorpassa in aria la Mercedes, atterrando esattamente nel parcheggio. E' la fine di un incubo durato ventuno anni. Via Monza si ammanta di bandiere rosse, molti piangono. Micàcchini la prende sportivamente, prendendo Pompeo a calci in culo. Si stappa una bottiglia di moscato al metanolo, il getto verdastro sale fino a sessanta metri e irrora tifosi e festanti.
E' una grande vittoria per il binomio Fiat-Ferrari, per tutta l'industria italiana e per il prestigio del nostro paese all'estero. Mentre Tabarroni si accinge a suonare l'inno di Mameli con la fisarmonica, la sorpresa. Arriva un carro attrezzi e si diffonde la ferale notizia. Poichè è venuto ad abitare nel condominio un importante assessore, il parcheggio è ora riservato alle auto blu comunali. "Dobbiamo rimuovere questa macchina", dice il vigile, con un inconfondibile accento finlandese. Si incazzano anche i gatti. In via Monza acoppia la rivolta. Gli scontri sono ancora in corso. Comunque vada a finire, grazie, Ferrari.
Fine.

Pillola del giorno: La panzanella

E che ce vò pe fà la panzanella?
Nun è ch'er condimento sia un segreto,
oppure è stabbilito da un decreto,
però la qualità dev'essè quella.

In primise: acqua fresca de cannella,
in secondise: ojo d'uliveto,
e come terzo: quer vino aceto
che fà veni la febbre magnarella.

Pagnotta paesana un pò intostata,
cotta all'antica, cò la crosta scura,
bagnata fino a che nun s'è ammollata.

In più, per un boccone da signori,
abbasta rifini la svojatura
cò basilico, pepe e pommidori.
Aldo Fabrizi.

mercoledì 27 agosto 2008

Racconto di Stefano Benni: Adelmo Ferrari, scritto in occasione di una vittoria della Ferrari di qualche anno fa.

Nella foto immagine da http://www.donfrenchphotography.com/ViewFull.php?image=221

Nuovo racconto di Stefano Benni: Adelmo Ferrari.

Grazie, Ferrari Adelmo. La Ferrari, ha vinto e siamo tutti contenti, anche se la Formula uno e i suoi eroi ci annoiano mortalmente. Ci annoia Schumacher, l'uomo dalla mandibola carenata che guadagna dieci milioni al minuto, cioè un milione ad ogni inspirazione di benzina, è l'unico al mondo col rimborso spese per l'inquinamento. Ci annoia Luca di Montezemolo, il fighetto col ciuffo che arraffa presidenze e soldi ovunque, il Berlusconcino del futuro. Ci annoiano le gomme con la mescola dura, con la mescola molle, coi foruncoli da pioggia e con l'eritema da sole. Ci annoia questa storia che "i piloti sono atleti": cento giri del circuito di Indianapolis sono una passeggiata in confronto ad una Bologna -Firenze in agosto. Ci annoia vederli piangere e gioire agli inni nazionali e poi prendere la residenza a Montecarlo. Ci piacciono soltanto i meccanici Ferrari, perchè sembrano una cooperativa di diavoli, ci piace la Minardi perchè non vince mai e soprattutto ci piace Alvaro Vitali, che dopo una breve carriera nel cinema, ha saputo cambiare vita e vincere con lo pseudonimo di Jean Todt. Ma soprattutto ci dispiace come la vittoria della Ferrari abbia fatto passare sotto silenzio un evento molto più importante: e cioè che dopo ventuno anni Adelmo Ferrari ha vinto la gara del parcheggio sotto casa. Poichè nessun giornale lo riporterà, saremo noi a raccontarne le gesta e a dire: grazie, Ferrari Adelmo.
La battaglia di Via Monza
Da ventuno anni, via Monza, alla periferia della città, è considerato il circuito più pericoloso d'Europa. La si imbocca dopo il semaforo di via Lenin, l'ultimo semaforo comunista, tredici minuti di rosso e solo quattro secondi di verde. La via è formata da quattro curve a precipizio, tra cassoni della spazzatura, buche nell'asfalto, lavori in corso e sgorghi di fogna. Si entra nella via sgommando ai cinquanta, poi si ingrana la prima alla chicane della Velda.
Nonna Velda ha ottant'anni e ogni sera si mette seduta fuori della porta, solo che non si è accorta che da vent'anni hanno tolto il marciapiede a sta con la sedia esttamente sulla mezzeria. Schivata nonna Velda e superata la chicane, si entra nella curva del pataccaro, davanti al manifesto gigante di Berlusconi, poi si toccano i sessanta all'ora sul breve rettilineo di Nerone, cosi detto perchè vi si possono ammirare lavori in corso risalenti a epoca romana, e in controsterzo si affronta la famosa curva delle acque, o della pozzanghera Tabarroni.
Qui da vent'anni, per un problema di tombini intasati, c'è una profonda pozzanghera attraversando la quale le auto schizzano fanghiglia nel giardino di Palmiro Tabarroni, che reagisce tirando sassi, secchi d'acqua e talvolta palate di merda. Superata questa pericolosa curva si apre a tutto gas sul rettilineo dei Calabroni Pazzi, e schivando i ragazzini che vanno su una ruota sola in motorino, si arriva al traguardo, cioè l'unico parcheggio disponibile nella via, uno spiazzetto tra due platani butterati. Qui, per ventuno anni è sempre arrivata prima la Mecedes grigia del fornaio Mirko Micàcchini, boss della baguette rionale, detto "il finlandese" per la chioma bionda ossigenata. Qui ogni mattina dopo il lavoro notturno, per ventuno anni ha cercato invano di infilarsi la Fiat Cinquecento rossa di Adelmo Ferrari, infermiere, residente proprio davanti al parcheggio. Domenica , in concomitanza col circuito di Suzuka, si è svolta l'ennesima sfida.
Fine prima parte.
Pillola del giorno: La bruschetta
Ar tempo che la gente popolana
bruscava ancora er pane sur carbone,
a roma lo chiamavano "Cappone",
come "fettunta" dicheno in Toscana.
'Na fetta de pagnotta paesana,
cò sale ajo e ojo, a colazione
fa bene: l'ajo è contro l'infezione,
l'ojo, pè chi va duro, è un toccasana.
Se magni solo, te la poi aggustà
a la burina, senza che te tocca
stà a bocca chiusa pe smorzà er crà-crà.

Carica d'ajo, è inutile a discute,
certo nun spunteranno fiori in bocca
ma l'alito profuma de salute.
Aldo Fabrizi.

martedì 26 agosto 2008

Capodanno: seconda parte. Di Stefano Benni.

Che faccio, mi butto? Foto da http://gallery.gotoscience.com/

Capodanno: seconda parte. Di Stefano Benni.

L'Esotico. Costui non può passare un Capodanno normale, ma deve organizzarneuno da raccontare agli amici. In un castello della Loira, su un catamarano in mare, in una miniera abbandonata in sardegna. Leggendario un Capodanno su una chiatta ancorata sul Po, con disancoramento e risveglio a mezzogiorno a Spalato. Quest'anno è stato scelto il Capodanno in Cappadocia, in un monastero in cima ad una roccia. Ci saranno canti di monaci, cibi tipici, e pernottamento in ceste matrimoniali sospese sul baratro. E' obbligatorio un saio scuro, e possibilmente il cilicio. Si parte da Malpensa alle dieci. Alle dieci e mezzo, appare subito la scritta, "volo annullato". La comitiva passerà il Capodanno in piazza, sotto la neve, masticando panettone e noccioline seduta sui gradini. Alle tre, tutti da Gazzoli.

Gli Innamorati. Per tutto dicembre si sono fatti un giuramento: Capodanno solo tra loro, cenetta intima, e notte erotica. Lei si esibirà in uno strip e lui cucinerà il tacchino alle noci. Lui prepara la casa con ogni cura, compra candele rosse e lenzuola di seta, e prepara una vasca da bagno con petali di rosa. Lei acquista un completino di pizzo sexy da un milione e si allena per lo strip con le musiche più eccitanti per lui: Joe Cocker e la sigla della Domenica Sportiva. Agli amici che chiedono cosa faranno a Capodanno, rispondono "chissà, non abbiamo ancora deciso", e si scambiano un sorrisino complice. Alle dieci, tutto è pronto. Lui ha preparato la cena con l'aiuto del ricettario, il tacchino farcito è ottimamente riuscito anche se forse avrebbe fatto meglio a togliere le noci dal guscio. Arriva lei, con un vestito rosso mozzafiato. Lui ha una violenta erezione che rischia di concludere la serata già alle dieci e un quarto. Lei gli resiste. La cenetta trascorre tra deliziosi lazzi, guardando la televisione e commentando com'è piacevole questa loro intimità. Ma alle undici e mezzo suonano alla porta. E' una brigata di cinquanta persone che grida "sorpresa! Sapevamo che non avevate una festa dove andare, ma non passerete la serata da soli, se no a che cosa servono gli amici?". L'allegra brigata invade la casa, vengono cucinati cotechini surgelati e lanciati petardi dal terrazzo. La vasca ai petali rosa, scambiata per una grande sangria, viene interamente bevuta e tutta la serata risuona di rutti profumati. Qualcuno scopre il completo di pizzo sexy. Lui, ubriaco, è costretto a esibirsi sul tavolo in giarrettiere, lei è inseguita per i corridoi da tutti i maschi presenti. Alle quattro vanno tutti da Gazzoli. Dopodichè, finalmente soli, ma stremati, i due Innamorati si danno un casto bacio e si addormentano.

Gazzoli: Gazzoli non ne vuole sapere di organizzare la festa di Capodanno, ma ha una casa grande, una cantina piena di vini, e soprattutto è molto mite e non sa dire di no. Si calcola che, in vent'anni, abbia ospitato diecimila persone, offerto mezzo milione di bottiglie, pulito cento ettari di vomito e mai, dico mai, cuccato una volta. I danni alla casa ammontano, ogni volta, a svariati milioni. Gazzoli è assicurato, ma la polizza gli scade sempre a mezzanotte del trentuno.
Fine.

Pillola del giorno: Er pane è sempre bono

Er pane è sempre bono: abbriciatello,
quanno che sa un tantino d'attaccato,
è bono callo, fresco, scrocchiarello,
all'ojo, al latte, ar burro, biscottato.

Quello commune, ovvero il filoncello,
che viè difficirmente rincarato,
embè, da ieri sabbato, anche quello
costa de più de venerdi passato.

E certo che si infurieno 'st'aumenti,
chi nun è ricco e nun vò annà pè stracci
dovrà tajallo a ostie trasparenti.

Cosi ar momento de la colazzione,
esclusi li "mannaggia" e li "mortacci",
je parerà de fà la communione.
Aldo Fabrizi.

lunedì 25 agosto 2008

Capodanno. Un nuovo racconto di Stefano Benni.

Nella foto: El Escultor, Pablo Picasso (http://it.wikipedia.org/wiki/Pablo_Picasso)

Non è propriamente periodo natalizio, ma dato che siamo appena tornati dalle vacanze, (spero non vi siano capitate le avventure descritte nei racconti precedenti), bisogna cominciare a prepararsi alle prossime vacanze di Natale. Questo nuovo racconto di Benni, descrive alcuni personaggi della nostra vita quotidiana.

Capodanno. Di Stefano Benni.

In quanti modi, piacevoli e no, si può passare il trentun dicembre? Ecco un breve elenco di coloro che non esiterei a definire gli ardimentosi eroi del capodanno.

Il Solitario. Il Solitario, una settimana prima della notte fatidica, viene colto dalla sindrome di San Silvestro, uno strano miscuglio di spleen, misantropia e odio per le ricorrenze. Dichiara agli amici che non parteciperà a questo rito noioso e sempre uguale, e che per lui Capodanno è una notte come tutte le altre. A tutti coloro che gli chiedono "cosa fai il trentuno" risponde con omelie ed invettive.
Questo stato di orgogliosa autonomia dal clima di festa dura fino alle nove della sera fatidica. A questo punto il Solitario viene colto da pensieri tristissimi. Spia alla finestra i festosi preparativi di tutti, e i primi petardi gli feriscono il cuore come stilettate. Lascia il frugale pasto e il libro con cui aveva preventivato di passare la serata e parte in macchina, senza orologio, sperando di non pensarci più. Ma tutto gli ricorda la sua solitudine. Frotte d'auto con gente vestita da sera lo sorpassano, comitive armate di bottiglie di champagne lo salutano, botti gli esplodono intorno. Ed egli si rende conto che la città si è riempita di giganteschi orologi luminosi. alle dieci e mezza la sua tracotanza si è trasformata in una resa dolorosa, e farebbe qualsiasi cosa per brindare con un essere umano.
Davanti a lui ci sono alcune ultime, disperate soluzioni: a) telefonare agli amici appena snobbati; b) comprare una bottiglia di moscato e passare il capodanno col casellante dell'autostrada, fingendosi un camionista; c) entrare in un bar con una bottiglia di champagne e gridare "è nato mio figlio, offro da bere a tutti"; d) entrare in un ristorante, fingendo di aspettare qualcuno, poi alle undici e cinquantasei scoppiare a piangere gridando "Quella maledetta senza cuore mi ha lasciato solo, me lo aveva giurato e invece non è venuta", dopodichè sperare nella pietà dei presenti; e) telefonare a una compagna di scuola brutta e mondanissima, da lui respinta trent'anni fa e dirle che improvvisamente ha capito di amarla follemente, e che vuole correre a casa sua a dirglielo; f) andare a casa di Gazzoli, come il noiosissimo Capodanno scorso, durante il quale il Solitario aveva giurato agli amici: "Se mi vedete un'altra volta a casa di Gazzoli, sputatemi in faccia".
Tutte queste ipotesi si rivelano impraticabili. Gli amici sono già usciti, al casello c'è sciopero, nel bar si è ammessi solo su prenotazione perchè c'è un cenone di ottantasei portate con anguille al posto dei grissini. Il ristorante è guardato a vista da buttafuori che hanno già respinto decine di Solitari disperati. Al vecchio numero della compagna di scuola risponde un ristorante cinese che ripete "è tutto plenotato". Da Gazzoli c'è la segreteria con Jingle Bells. Non resta che una soluzione. Alle undici e mezzo il solitario sterza l'auto contro il guard-rail. A mezzanotte trascorrerà il Capodanno con una gamba ingessata, insieme al medico di turno e a un'infermiera sorridente, con due gocce di Chardonnay nella flebo. " E pensare che stavo andando a una bellissima festa in campagna" - dice. "Anche noi" gli rispondono dai letti vicini sette Solitari ingessati, alzando i calici.

L'ansioso. Per lui il problema del Capodanno nasce ai primi di ottobre. Da quel momento, egli comincerà a organizzare la serata, massacrando gli amici, consultando orari, prenotando ristoranti, e comprando un arsenale di fuochi artificiali. Per stare tranquillo, si farà firmare un impegno scritto dagli organizzatori di almeno sei feste, tutte a orari diversi. La settimana prima di Capodanno, l'Ansioso viene evitato come la peste. E' agitato perchè per problemi di approvvigionamento gli è saltata la festa delle tre e mezzo, e inoltre c'è un problema di neve per raggiungere una baita sul Cervino. Ma tutto si aggiusta con l'acquisto di tremila pizzette e di un gatto delle nevi. Anzi, il trentuno pomeriggio, egli riceve numerose telefonate di amici dell'ultima ora, che vengono smistati in varie feste della regione. Vestito di tutto punto e con quattro megatoni di botti nel cofano, l'Ansioso parte in macchina. Ha appuntamento alle dieci con una comitiva di amici in camper per andare a un ristorante dove si farà mezzanotte per poi andare a una festa al mare da cui alle tre si prenderà un treno speciale per andare alla festa nella baita in montagna da cui si scenderà in slitta fino all'autostrada dove un pullman riporterà tutti in città per prendere il cappuccino e concludere la nottata a casa di Gazzoli. Tutto procede bene, a parte la deflagrazione di un petardo che gli incendia metà macchina, ma il nostro eroe riesce a giungere al ristorante alle undici e mezzo, e qua inizia a mangiare in piedi tenendo i collegamenti via cellulare con vari gruppi sparsi e con la baita del Cervino. Ma alle undici e cinquanta lo stress degli ultimi giorni si scarica in una violenta colica renale.Imbottito di antidolorifici, viene scaricato dagli amici irriconoscenti al Pronto soccorso, dove il medico, mentre lo palpa, fa esplodere il petardo che teneva in tasca. Medicato d'urgenza, brinderà nel letto vicino al Solitario.
Fine prima parte.

Pillola del giorno: Er pane è bono cò...

Senza cità Bruschetta e Panzanella,
è bono in ogni tipo de spuntino,
a comincià dar classico crostino
fatto cò buro, alice e mozzarella.

E' bono cor guanciale a Pantonella*,
cò le noce, cò l'uva, intinto ar vino,
cor miele, cò la fava e 'r pecorino,
e indorato cor buro a la padella.

E' bono ner caffè, cò la ricotta,
cor gelato, l'aranci in insalata,
cor prosciutto, li fichi e la caciotta.

Cò tonno e cipolletta, cor salame,
cò le castagne, cò la cioccolata,
ma soprattutto è bono cò la fame.
Aldo Fabrizi.

*Panunto, pane unto col grasso del guanciale o delle braciole di maiale arrostite sulla graticola.

domenica 24 agosto 2008

Seconda parte di: Una boccata d'aria per il nonno. Di Stefano Benni.

Nella foto: Cosa guarda? da http://internapoli-city-2.blogspot.com/

Una boccata d'aria per il nonno seconda parte (Stefano Benni).

Qui abbiamo trovato un dottore che ha azzeccato la diagnosi.Il nonno vorrebbe respirare un pò d'aria, ma purtroppo l'aria non fa parte del concetto moderno di benessere, è in antitesi col valore ben più alto della mobilità automobilistica e del ciclo industriale. Non esistono allevatori d'aria che fanno manifestazioni e soprattutto, siccome l'aria non si vende, non sollecita interessi economici.
Infatti io ho pensato: se il miliardario pataccaro inscatolasse l'aria, certo vedremmo la pubblicità in televisione, l'aria diventerebbe un bene prezioso e nascerebbero tanti modelli e tante marche.In quel momento ci siamo accorti che il nonno era scomparso. L'abbiamo cercato dappertutto. Era finito in un reparto di sordidi vecchi rantolanti. Uno aveva un bottiglione di aria di mare e lo passava agli altri , e quelli tracannavano, si sbronzavano di ossigeno e cantavano canzonacce.
L'infermiera ha subito aperto la finestra per fare entrare smog, spremuta di marmitta e polveri."Se si abituano a respirare, poi diventano pneumnomani dipendenti" ci ha spiegato.
Abbiamo riportato il nonno in astanteria, spiegando che aveva una sindrome semplicissima, cioè aveva voglia di respirare, in una città dove l'inquinamento è sedici volte superiore alla norma."Cari miei, piacerebbe a tutti - ha detto il medico - ma in tempi di new economy, respirare è sorpassato. Può fare altre cose. collegarsi in rete con un sito di alta montagna. Guardare la pubblicità delle caramelle mentolate alla televisione. Andare in una boutique a comprarsi una maglietta con le nuvole. Mettersi la maschera antigas di Valentino. Investire in un polmone d'acciaio.
Ma respirare è un concetto antiatomico, se cominciano i vecchi poi vorranno respirare tutti, anche gli stranieri".Gli ha prescritto un'aspirina e ha concluso: "E poi non esageriamo, per un pò di enfisema alla sua età".
Allora il nonno ha cominciato a fare un rumore di betoniera. Raspava dai polmoni una colata di broncomagma e preparava la vendetta. Si è udito un rumore di terremoto, le guance del nonno si sono gonfiate ed è partita una scatarrata che per trenta secondi sembrava di essere sul ponte di una nave in tempesta.Quando tutto è finito, pareva che sui muri ci fossero i cadaveri di dodici marziani, e il dottore sembrava una pastiglia Valda masticata. C'era muco anche sul lampadario.
Il nonno è stato arrestato per attività respiratoria eccessiva e continuata, catarricidio intenzionale e mancanza di trachea catalitica. L'hanno portato in prigione.
Là almeno ha un'ora d'aria.
Fine.

Pillola del giorno: Er pane è fatto a...

A rotella, a bastone, a bastoncino,
azzimo, casereccio, a pagnottella,
a quattrocorni, a stella, a filoncino,
a rosetta, a mattone, a mattonella,

a cirioletta, a briciola, a panino,
a piadina, a tartina, a cacchiatella,
a maritozzo, a pizza, a sfilatino,
a ciambellone, a tegola, a ciambella,

a superferarese, ar siciliano,
cor sesamo, la bira, a bocconotto,
a michetta com'useno a Milano.

Mò da nonno, me basta 'na rosetta;
da scapolo, quann'ero giovanotto,
'gni tanto me facevo 'na michetta.
Aldo Fabrizi.

sabato 23 agosto 2008

Di Stefano Benni: Una boccata d'aria per il nonno.

Nella foto: Quadro di Pablo Picasso (http://it.wikipedia.org/wiki/Pablo_Picasso)da: http://habanera-nonblog.blogspot.com/

Nuovo racconto di Stefano Benni: Una boccata d'aria per il nonno.

Siamo andati a trovare il nonno che ha ottanta anni e abita a Città Quattro, ridente quartiere periferico. La casa del nonno è in una salubre posizione tra due svincoli della tangenziale, e lui è molto orgoglioso perchè per ben tre volte i Tir gli hanno sfondato il tinello, e tiene tutti i ritagli dei giornali. Inoltre ha un comodo supermercato proprio davanti casa. L'unico inconveniente è che quando esce lo investono i carrelli. Per il resto il nonno vive tranquillo, o almeno non si lamenta.
Ieri mattina, dunque, siamo arrivati davanti alla sua porta e si sentiva il rumore di un film di guerra, evidentemente il nonno guardava la televisione. Abbiamo suonato, ma nessuno apriva e, non avendo un Tir, abbiamo sfondato a spallate.
Non era un film di guerra: il nonno era sul divano, tossiva, rantolava e scatarrava a mitraglia come gli effetti speciali di Rambo.
Lo abbiamo portato subito all'ospedale. In astanteria ho riconosciuto due signori che aspettavano la Tac con me nel 1994. Frequentandosi per tanti anni in sala d'aspetto si sono innamorati e sposati, e adesso erano li con tre gemelli che aspettavano il test di gravidanza. Per fortuna noi abbiamo un cugino infermiere molto potente che è capo del racket dei lassativi, e ci ha fatto passare davanti.
Un primo medico gentile ha esaminato il nonno, diagnosticando una bronchitina, e che comunque a quell'età bisogna rassegnarsi. Ma il nonno si è incazzato, ha roteato una flebo e il medico ha detto che forse c'era bisogno di una visita specialistica. Siamo andati da un secondo medico che ha subito chiesto se il nonno mangiava troppe fiorentine, il nonno ha detto magari, quindi si poteva escludere mucca pazza, poi gli ha fatto un esame per vedere se aveva un danno neurologico da telefonino, anche se il nonno non ce l'ha, poi gli ha chiesto se faceva footing o fitting o body sculpturing e il nonno ha detto solo il flipper da giovane. "Male male" ha sospirato il medico, ed ha aggiunto che la sintomatologia era anomala e comunque a quell'età c'è poco da fare.
Il nonno ha scritto su un biglietto "aria", ha rubato il carrello dei pasti all'infermiere e si è mangiato le razioni di purè di tutto il reparto. Allora lo abbiamo portato dal neuropsichiatra.
Questo l'ha visitato per bene e poi ha detto che la malattia, come spiegava tempo fa la "Repubblica", nasceva dall'ansia del nonno di non poter navigare in Internet, dalla tensione di non sapere l'inglese e forse anche da uno stress per le oscillazioni dell'euro. Il nonno ha rantolato "aria".
Il medico ha chiarito che con quella parola il nonno rivelava la sua fragilità e volatilità, la sensazione di essere spazzato via in una situazione di competizione di mercato, e la sua insicurezza di fronte all'invasione degli extracomunitari. Poi fli ha chiesto se la notte aveva degli incubi tipo un Tir che gli sfondava la casa. Il nonno ha ruggito e ha fatto un casino da ventenne, bestemmiava, spaccava fiale e ha ingerito tanto bario che poi ha cagato un paracarro. Lo abbiamo portato al reparto pedriatico.
Fine prima parte.

Pillola del giorno: La parola pane

Comincia con la lettera più bella, la P.
Come tante altre sane e bone:
pantofola, presepio, panettone,
pulla, pietà pastella, pia.

padella, profumo, pasta, pappardella,
pancetta, Padreterno,pacioccone,
Pasqua, perdono, pace, provolone,
pandoro, paradiso, pangiallo,

pan di Spagna, panpepato,
pizza, prosciutto, patria, pantalone,
poesia, purezza, primavera, prato,

pecora, palombella, pappa,
piano, papa, preghiera, pacchia, polpettone,
polenta, pecorino e parmiggiano.
Aldo fabrizi.

venerdì 22 agosto 2008


Nella foto lago al tramonto da http://terreoltreconfine.blogspot.com/

Scandalo all'hotel Nasturzio di Stefano Benni seconda parte.

E' purtroppo finita la storia d'amore Nip dell'estate tra Francesco, il meccanico di motorini famoso per essere il sosia di Brad Pitt quando indossa il casco e la bellissima Armida, bagnina del bagno Azzorre, centosessanta salvataggi ogni estate di cui solo tre senza simulazione del bagnante. Che ci fosse crisi tra i due era sospettabile dai pettegolezzi della farmacista Lina, nota commentatrice mondana, che aveva rilevato un calo nell'indice Mibtel dell'acquisto dei profilattici. Ma tutto è precipitato dopo una serata al ristorante pizzeria Belmare. Francesco non ha gradito le attenzioni che il pizzaiolo Walter, detto il Raoul Bova dell'origano, rivolgeva alla bella Armida. Tra queste, una pizza tre volte più grande del normale con la scritta in carciofini "Io te farebbi qualunque cosa". L'improvviso ritrovamento del reggiseno di Armida dentro la pizza di un turista tedesco è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E' scoppiata una rissa per la gioia del paparazzo Silverio della "Voce dell'alga" che ha scattato foto a ripetizione, con lo sfondo di un Pikachu gigante. Anche se tutti sono tristi per la fine del grande amore Nip dell'estate, i protagonisti hanno rilasciato dichiarazioni ottimiste. Il meccanico Francesco ha detto che, con l'aiuto di un amico svizzero, spera di poter avviare un'attività di contrabbando di capitali in proprio. Armida ha detto che approfitterà della sua nuova libertà per prendere lezioni di inglese e tentare la strada del cinema, che oltretutto è proprio vicino a casa sua. In serata ha subito ricevuto un telegramma d'incoraggiamento da Veltroni.

Abbiamo chiesto a Birollo, noto personaggio della vita notturna Nip, spacciatore di ecstasy e organizzatore di corse notturne sulla circonvallazione, quali sono le mode Nip dell'estate. Birollo ha detto che il gavettone è out, e cosi i fuochi artificiali e l'aquilone. Di gran moda invece fare l'aerobica sulla spiaggia, picchiare gli extracomunitari e andare ai duecento sul lungomare. Molto trendy lo zampirone, out la citronella. Out il sexy-party sulla spiaggia, meglio lo stupro di gruppo.Out abbandonare i cani ai lati della strada, meglio affogarli direttamente. Per queste sue simpatiche provocazioni Birollo è talmente noto che è incerto se aprire un locale da ballo o farsi dare cento miliardi da Berlusconi per fare un giornale.

Ma la vera vacanza Nip è per chi resta in città. Tutti i servizi sono assicurati. File di vecchietti si recano al pronto soccorso per avere la soddisfazione di riuscire a farsi fasciare un dito. Per un giorno finalmente i cittadini maschi possono visitare senza ressa i loro monumenti preferiti: il campo di calcio, le concessionarie d'auto e le puttane sui viali.

Per finire buone notizie dall'Italia, il più grande autoscontro del mondo. Il signor Giorgio G., cappottando sull'autostrada, ha vinto un premio per il decimillesimo incidente in un mese. Il premio consiste in un arto artificiale a scelta. Risolto anche il problema dei camion pericolosi. Verrà tolto dal rimorchio il cartello della velocità massima, cosi almeno si crepa ma non ci prendono per il culo.

Ultima buona notizia. Il bimbo Adelmo G., di nove anni, ha vinto il premio al concorso "Castelli di sabbia" con una somigliantissima scultura dei genitori, che sono apariti misteriosamente da due giorni.
Fine.

Pillola del giorno: Bavette all'africana

Fate soffriggè a foco lento tutto:
cioè le seppie (senza ghiandolette*)
tajate a pezzi piccoli, l'ovette,
zenzero, sale, ajo, ojo e strutto.

Dopo mezz'ora er vino rosso asciutto,
poi li pelati; quanno sò moscette,
schiaffatece le ghiandole suddette
e tutto un botto er sugo mette er lutto.

Si ve fa senso nun v'impressionate:
se tratta de 'na specie de complesso
che passa cò le prime forchettate.

In più sarà carino e originale
vedè... un colore, la mattina appresso,
cosi diverso dal tradizionale.

* Quelle contenenti il nero.
Aldo Fabrizi.

giovedì 21 agosto 2008

Scandalo all'hotel Nasturzio di Stefano Benni.

Nella foto: Immagine da www.donfrenchphotography.com

Nuovo racconto di Stefano Benni: Scandalo all'hotel Nasturzio.

Sapete tutto sulle vacanze dei Vip, razza eletta che occupa palinsesti e paginoni nell'estate dell'informazione. Più rari sono i pettegolezzi e le indiscrezioni sulla vita dei Nip (Non important person) vale a dire quei cinquanta milioni di italiani, carne da auditel e da sondaggio, che non vivono nel paradiso dei Vip. I Nip, pur adorando i Vip, sono molto diversi da questi ultimi. I Nip, ad esempio, sanno quasi tutti fare qualcosa, mentre è noto che nella maggioranza dei casi per diventare Vip è indispensabile non saper fare niente. Ma anche i Nip vanno in vacanza, hanno i loro segreti, si incontrano, flirtano, inventano mode. Per voi, ecco la cronaca mondana dei Nip.

Sulle spiagge Nip fioriscono le mode Nip. Quest'anno, ad esempio, va fortissimo il body-icecreaming, originale connubio tra stilismo, moda e golosità. Quando il capofamiglia fa la fila per comprare il gelato al parentado, in questi giorni di pienone passa sempre un pò di tempo tra l'acquisto, il pagamento a la consegna. Nel frattempo il gelato passa dalla fase freddo-compatta a una fase tiepido-viscosa, e in questa insidiosa condizione il cono viene distribuito al nucleo familiare. Dopo pochi secondi di camminata nel caldo ferragostano, la fase tiepido-viscosa evolve nella fase liquido-brodosa e poi schizzo-eruttiva, e il gelato inizia a colare sugli abiti del fruitore e di chiunque transiti nei paraggi.
Notata ad esempio sul viale dei Nip a Cattolica la famiglia Pederioli, ramo new economy, nel senso che sono di nuovo disoccupati. Papà Pederioli sfilava con una camicia bianca Hawaiana da schizzi di mango e zabaione. Mamma Piera sfoggiava un lamè giaguarato da patacche gianduia. Il piccolo Anselmo lanciava il suo personalissimo look, una maglietta bianca ornata da un disegno astratto color puffo, limone e nerofumo, con zone in rilievo. (Per ottenere questo clamoroso effetto il ragazzino fa cadere tre o quattro volte il gelato per terra, raccogliendolo denso di effetti speciali quali segatura, terriccio e gomme americane masticate.)
Molto di moda sono anche il collarino bianco post-tamponamento autostradale e il sandalo da gladiatore che con la calura si scioglie e svelle bistecche d'asfalto ad ogni passo.
Per i più giovani, va forte la maglia da calcio con nome del campione preferito e soprattutto la zeppa Stelvio. Questa calzatura è usata da ragazzine Nip sui tredici anni scontente della propria statura, che esse vorrebbero pari a quelle delle loro idolesse Vip. La zeppa è alta dal mezzo metro in su e ci si sale in tre modi: a) con una scaletta a pioli; b) con un balzo come quando si sale a cavallo; c) calzandola da sdraiati e poi facendosi verticalizzare dagli amici. Una volta indossata la zeppa Stelvio, con un pò di allenamento, consente di fare tutto, dal ballare al baciare ragazzi alti un metro e novanta, si può persino andare al gabinetto con l'aiuto di un piccone da roccia per rialzarsi. Purtroppo la zeppa non consente di scendere da soli. Bisogna quindi, con l'apposito telefonino, chiamare gli amici per farsi aiutare. Alcune zeppe contengono un meccanismo autodistruggente, esplodono da sole ed è quindi possibile scendere al volo.
La zeppa più celebre dell'estate è stata indossata da Pierina F., commessa di Varese, che è entrata in discoteca pagando un solo biglietto su due zeppe fatte dal padre falegname. Dentro le zeppe si erano abilmente nascoste le sue sei sorelle. Scoperte, le ragazze sono state espulse dalla discoteca e col legno della zeppa sequestrata verrà costruita una scuola.

Un clamoroso scandalo ha sconvolto l'hotel Nasturzio, una delle più esclusive pensioni Nip della riviera.
Il pensionato Aldo T. è stato visto spiare col binocolo nella camera di fronte dove Angela S., prospera infermiera padana, stava cospargendosi di crema doposole per un totale di sedici metri quadrati. Il marito di Amelia, Giovanni, ha scoperto il vile guardone e, essendo ex campione regionale di bocce, ha estratto il set da spiaggia, ha tirato e ha bocciato in fronte il pensionato da una distanza di dieci metri. Contemporaneamente al piano di sotto scoppiava una rissa tra i figli delle due famiglie che cercavano di giocare a ping-pong in trentasei allo stesso tavolo, quando è noto che al massimo si riesce a giocare in diciotto. Nella confusione che ne è seguita è sparita la bottiglia di minerale mezza piena che era al tavolo della famiglia S. I carabinieri stanno indagando.

Grande festa al Poporipò, il locale dove tutto si può, per l'elezione di miss tropici. Erano assolutamente obbligatori vestito esotico e musica sudamericana. Tra le signore Nip più ammirate la fornaia Vanessa, con un gonnellino di banane e il figlio Filippo, detto Pipinho, con un pannolone ricavato da un cocomero. Al suo fianco il marito Luigi, vincitore per tre anni consecutivi della gara di rutti dell'albergo, secondo alcuni esibiva al collo un tatuaggio tribale, secondo altri non si era lavato. La giuria presieduta dal poeta ultrà Tamarazzo, autore del famoso coro "Bianconero son davvero". Sono state esaminate numerose concorrenti che si sono esibite in mambi, lambade e nella famosa "banana" mimata. Al termine, il signor Vladimiro, manovale, si è esibito in uno strip maschile al suono di "Quando calienta el sol". Purtroppo, al momento di togliersi i pantaloni, è stato colto dal colpo della strega e portato via in posizione fetale. Si è poi svolta una tombola a porte chiuse in cui pare siano state giocate e perse ingenti somme. Al termine il signor Luigi, deluso per aver più volte sfiorato la cinquina, ha tentato il suicidio buttandosi nella piscina dell'albergo. Essendo la piscina un ciambellone profondo venti centimetri, se l'è cavata con lievi escoriazioni al naso.
Fine prima parte.

Pillola del giorno: La "romanella"

I

Mi' nonna, benedetta indò riposa,
se comportava come 'na formica
e puro si avanzava 'na mollica
l'utilizzava per un'antra cosa.

Perciò er dovere primo d'ogni sposa,
pure che costa un'oncia de fatica,
è d'essè sempre, a la maniera antica,
risparmiatrice, pratica e ingegnosa.

Si avanza un pò de pasta, mai buttalla:
se sarta cò un pò d'acqua solamente,
pè falla abbruscoli senz'abbrucialla.

E la riuscita de 'sta Romanella
che fa faville e che nun costa gnente
dipenne da 'na semplice padella.

II

Mò l'urtima invenzione è 'na padella,
che quello che se coce poi se stacca,
mastice, pece, colla e ceralacca,
se rivorteno come 'na frittella.

'Sta novità sarà 'na cosa bella,
ma, dato che la pasta nun attacca,
in pratica sarebbe 'na patacca
perchè dev'esse mezz'abbruscatella.

Vedete, er gusto nun dipenne mica
dar fatto che diventa più odorosa,
ma dar sapore de padella antica.

E detto questo, porca la miseria,
fo a meno de la chiusa spiritosa,
perchè 'sto piatto qui è 'na cosa seria!
Aldo Fabrizi.

mercoledì 20 agosto 2008

Diario delle vacanze Uno: la new holiday di Stefano Benni seconda parte.

Nella foto: Mosca Piazza Rossa, Cattedrale di San Basilio da
http://www.nationalgeographic.com/

In questi giorni riceviamo notizie drammatiche dalla Ossezia, Georgia e Russia, il prepotente gigante ex sovietico ha inviato i carri armati in Ossezia, per sedare, dice il premier russo, le ribellioni di un manipolo di terroristi, come sempre dietro le parole ufficiali ci sono gli enormi interessi che gravitano sugli ultimi rimasugli di petrolio e gas ancora da sfruttare.

Ma torniamo ai libri, oggi c'è la seconda parte del racconto di Stefano Benni: Diario delle vacanze Uno: la new holiday, buona lettura.

Venerdi. Butta male. Papà ha sul naso un ponfo di zanzara che sembra un pandoro. Il nonno è andato in gita con quelli dello yacht cercando rocce da decapitare. La mamma e Karl sono sulla battigia che fanno una new gymnastics che secondo Karl si chiama tai-chi-wan-lu,secondo me si toccano di brutto. Sono arrivati anche cinquanta locali con radio a tutto volume, porchette e una impressionante batteria di fucili subacquei. Sono entrati in acqua e dopo un'ora avevano già colpito un pesce e due polpacci. Papà li ha severamente redarguiti, dicendo che non è giusto prendersela coi pesci che non possono difendersi. In quel momento ha messo il piede su un pesce -ragno. Adesso è nella tenda che rifiuta sdegnosamente l'ammoniaca, e il piede sembra uno scarpone da sci. Il nonno ha invitato gli amici dello yacht a una spaghettata sulla spiaggia, si sono ubriacati e hanno scherzosamente incendiato un ettaro di pineta. Mamma è andata a vedere la luna piena in canoa con Karl. Per fortuna papà dorme, se no dovrei fargli notare che sarà luna piena tra quindici giorni.

Sabato. Papà si è alzato, si è guardato il piede gonfio, ha ammazzato lo scarabeo con una zoccolata, ha bevuto tutte le birre del nonno e ha seminato le lattine sulla spiaggia. Qualcosa in lui era cambiato. Con la luce strana negli occhi, ha detto "smontiamo la tenda, si va via".Ha noleggiato un'auto a da tre ore guida smadonnando e sorpassando tutti dall'interno. fuma in continuazione e butta le cicche dal finestrino dicendo che lui i piromani li ammazzerebbe. Il nonno ha sei anfore fenice in valigia. Mamma fa dei sospironi non buddisti e consulta di nascosto una cartina di Amsterdam. Viaggiamo incolonnati verso destinazione ignota. La radio comunica emergenze sui fronti giustizia, incendi, trasporti, ozono, quadrupedi abbandonati e bipedi disoccupati, nonchè rischi per l'abbronzatura e la democrazia. E' lo stesso bollettino dell'anno scorso. Altrochè new Holidays, ci hanno rifilato un'estate usata.
Fine.

Pillola del giorno: Spaghettini ar tartufo... de li poveri

I

Si suo marito se lamenta spesso,
che lei in cucina se ripete troppo
è segno che va sempre de galoppo
e fa più presto un sugo che'n'espresso.

Ma cò 'sto piatto che je 'nsegno adesso,
pò superà benissimo l'intoppo;
je costerà un tantino, ma purtroppo,
bisogna spenne per avè successo.

Cotta la pasta: consumè d'arosto,
basilico, fettine de tartufo,
formaggio, pepe bianco e lei sta a posto.

E fino a che ammanisce 'sti piattini,
er maritino nun sarà mai stufo;
però ce vò più tempo e più quattrini.

II

Se li tartufi costeno un mijardo,
usi li funghi secchi, ce guadambia:
primo, perchè sur prezzo se sparambia
e poi perchè s'elimina l'azzardo.

Pè suo marito è un occhio de riguardo
che, certo, lo gradisce e lo ricambia,
e in fonno 'sto menù nun è che cambia...
perchè er fungo è un tartufo un pò bastardo.

Messe a bagno maria(ce vò un seconno)
cò sarvia, pepe bianco e poi più gnente...
ce viè 'na sarsa ch'è la fin der monno.

'Na sciccheria ar de sopra d'ogni critica,
perchè se digerisce facirmente
pure si se discute de politica.
Aldo Fabrizi.

martedì 19 agosto 2008

Diario delle vacanze Uno: la new holiday di Stefano Benni.


Di Stefano Benni Diario delle vacanze Uno: la new holiday.
Caro diario: siamo partiti per la vacanza. Da quando papà ha cominciato a leggere tutte quelle riviste sulle "new holiday", è diventato un altro. "Faremo le ferie evitando qualsiasi forma di adulterazione, inquinamento e danno della natura" ha detto. Non potevamo partire in auto, per via degli ingorghi e degli scarichi. Neanche con l'aereo, che inquina acusticamente e arrostisce nelle turbine centinaia di cicogne innocenti. Abbiamo scelto il treno.
Martedi. Il viaggio verso il mare è stato lungo. Siamo rimasti bloccati sotto la solita galleria, ma papà ha tirato fuori dalla supersacca ecologica quattro maschere antigas. Poi ci ha insegnato un tipo di respirazione rilassante che i medici tibetani usano quando restano bloccati in un treno italiano. Mentre gli altri si abbuffavano di salame e pecorino, noi ci siamo nutriti con delle deliziose tavolette di soia. Il nonno le ha rifiutate, dicendo che non aveva fame. A papà è venuto un sospetto, e ha scoperto che il nonno aveva un panino alla porchetta dentro la maschera. Siamo arrivati con sole nove ore di ritardo e abbiamo preso la coincidenza, un trenino a vapore. Papà ci ha spiegato che questi treni sono molto meno inquinanti dei moderni. In quel momento è entrata una nube di fuligine e quando siamo scesi sembravamo la nazionale del Camerun. Ma papà insisteva a dire che il carbone è sano. Mamma allora gli ha chiesto perchè tanti minatori sono morti di malattia. Papà ha risposto che parlando cosi si consegna il paese all'opposizione. Io volevo fare una domanda sul carbone della befana, ma ho capito che non era il caso.
Mercoledi. Siamo arrivati e abbiamo piantato la tenda. La spiaggia è deserta, a eccezione di un gruppo di nudisti olandesi che, secondo papà, sono creature che vivono soltanto in zone incontaminate. Papà si è messo a pescare con le mani perchè nel "new fishing" è scorretto affrontare i pesci con attrezzature quali, lenze, arpioni o fucili. Con le mani nude ha catturato un preservativo e mezza zampa di polpo. Poi lo abbiamo sentito gridare, ma non era un grido di trionfo: aveva preso un riccio. Si è medicato con una pomata naturale "new medicine", ma le bestemmie erano abbastanza vecchio stile. Il nonno intanto è tornato dal mercato con un dentice da un chilo, e si è messo ad arrostirlo. Papà gli ha chiesto come poteva piacergli quel pesce evidentemente surgelato e riciclato. Il nonno, che vota monarchico, si è messo a ridere. A sera, si è presentato il problema delle zanzare. Ucciderle è un danno all'ecosistema, ma pizzicano di brutto. Nonno proponeva di sterminarle con lo spray, la mamma di schiacciarle con un ammazzamosche, io, ancora più moderato, di catturarle e rieducarle. Mentre era in corso il dibattito, sono arrivate anche le formiche, le mosche e uno scarabeo con una palla di sterco di misura calcistica.
Giovedi. Sono state trovate dodici zanzare morte nei pressi del sacco a pelo del nonno. Lui dice di averle ammazzate ecologicamente a ciabattate, ma l'autopsia ha rivelato tracce di Baygon nei polmoni. Poi è successo un guaio: mentre papà faceva yoga in riva al mare è arrivato uno yacht a tutto gas, a venti metri dalla riva. L'onda ha bagnato pantaloni, soldi e documenti di papà, e lui ha dovuto respirare un bel pò per calmarsi. Poi si è presentato Karl, un giovane nudista olandese alto uno e novanta. Ha attaccato discorso con mamma. Papà ha detto che non gli è simpatico perchè l'Olanda è andata immeritatamente avanti nel Mondiale. Ma la vera ragione è che tra Karl e papà ci sono parecchi centimetri di differenza e non solo in altezza, non so se mi spiego. Nel pomeriggio siamo andati a fare bird-watching, stesi sulla sabbia col cannocchiale. In tre ore abbiamo visto una cosa rosa che poteva essere un fenicottero, o un fachiro ustionato dal sole. Quando ci siamo alzati, ci siamo accorti che eravamo osservati alle spalle da circa duemila gabbiani. Uno è partito in picchiata e mi ha rubato la merenda. Ho respirato profondamente, ma sono rimasto arrabbiato. Quando siamo tornati, la mamma non c'era, era con Karl a raccogliere conchiglie, e il nonno era andato a vedere la partita di calcio sullo yacht. A mezzanotte hanno scaricato in mare la sentina e si è diffuso nell'aria un delizioso odore di petrolchimico.
Fine prima parte.
Pillola del giorno: L'indolenza.
I
Si se magnasse solo pastasciutta,
sarebbe veramente 'na bellezza:
la vita costerebbe 'na sciocchezza,l
'umanità se sfamerebbe tutta.
La pasta nun cià gnente che se butta,
nun provoca diarrea nè stitichezza,
è come un fiore, 'na delicatezza
che fa scordà qualunque cosa brutta.
E si, presempio, in ore differenti,
ognuno ne magnasse 'na scodella,
sarebbe pure un freno all'incidenti.
Perchè si tutti doppo avè magnato
facessero la brava pennichell
aer traffico sarebbe limitato.
II
Dice: "La pasta ingrossa e dà indolenza".
Ma ne la vita questo è l'ideale.
L'oziosità è 'n'istinto naturale,
er dinamismo invece è 'na scemenza.
Perfino chi sta a spasso in permanenza,
restanno a casa dice:"Meno male!".
E cò la panza, puro un generale
diventa 'n'obbiettore de coscienza.
Dice:"Ma nun ce pensi a li nemichi?".
Eh no, perchè si cianno le panzette
pè l'indolenza diventano amichi!
E invece de fà l'armi d'ogni razza...
Sarebbe mejo a fabbricà forchette:
chi s'arma de forchetta nun ammazza!
Aldo Fabrizi.

lunedì 18 agosto 2008

Lara di Stefano Benni seconda parte

Nella foto: Barriera corallina da ( cid-960e15580eef1d34.spaces.live.com/blog/ ).

Di Stefano Benni: Lara, seconda parte.

E il destino si compi, dieci cambi di corazza dopo. Ormai ero un'aragosta grossa e rispettata, avevo già avuto trecentomila figli, anche se solo due o tre erano riusciti a diventare adulti. Ero cosi esperta e veloce da sfuggire a qualsiasi piovra, a volte zig-zagavo spudoratamente attraverso i tentacoli protesi. Non temevo neanche le risse con gli astici. Non poteva durare: troppa sicurezza non è un buon modo per sopravvivere, in mare.
Cosi un giorno, mentre nuotavo pigramente all'indietro, sentii vicina la presenza ostile della rete. Il mio sistema radar me ne aveva già fatte evitare tante, e quella rete aveva maglie molto larghe: volli provare il brivido di passarci in mezzo. Ci riuscii. Ma dietro la prima rete c'era una seconda rete più sottile. Ebbi solo un breve attimo di panico, mi dibattei, storpiandomi la chela. Poi mi calmai. Appesa, imprigionata, attesi il mio destino. Non dovetti aspettare molto. Mi fu riaparmiata la tortura di essere mordicchiata dalle pulci di mare. La rete iniziò a muoversi. Vidi che saliva verso levante, e che la pancia bianca della barca si stava avvicinando. Quando fu proprio sopra, la rete iniziò a salire più in fretta. Non fu piacevole. Anche se le aragoste possono sopportare grandi sbalzi di pressione, la paura di quella ascesa verso la luce bianca mi torceva la corazza, mi riempiva il cuore, che non ho.
Salii ancora, intontita. Sbattei contro la parete della barca. La luce mi accecò, persi i sensi. Poi sentii un tentacolo che delicatamente mi liberava dalla rete. E VIDI. Vidi il vostro mondo, o una parte del vostro mondo, vidi i pesci agonizzare tutto intorno con la pinna natatoria esplosa. Vidi quattro o cinque umani, vidi come erano veramente, non somigliavano a nessuna creatura marina: forse nel volto, alla testuggine. Mi misero in un'acqua fetida dentro una scatola buia, assieme ad altre quattro o cinque compagne, e tutte gridavano, piangevano, facevano domande assurde del tipo: e ora che ne sarà di noi? Sul fondo della vasca, ingrugnito, c'era un'astice. Aveva le chele legate, gliele avevano legate gli uomini, perchè non ci facesse male, perchè non rovinasse le nostre carni delicate. Mi insultò. Gli pisciai in faccia.

Ora vorrei provare a dirvi dove mi trovo. In un "frigorifero", questa è la parola se ho ben capito. Sono dunque ancora viva, anche se un pò stordita e congelata. Mi hanno cambiato posto tante volte, ho vissuto un mese in un posto che chiamano vasca di mantenimento, insieme ad altre duecento colleghe, a qualche astice ammanettato e a una cernia mascotte.
Poi un giorno sono stata "comprata". Il capo della pescheria, un uomo che ci chiama "le mie ballerine", è entrato insieme ad un altro uomo, uno che parlava da importante (la voce degli umani, segna le gerarchie). Ci hanno guardate tutte, una per una, e poi hanno scelto me e un'altra che chiamiamo la Grassa. Ci hanno sbattuto insieme in una busta di plastica una sopra l'altra, con la Grassa che non stava mai ferma e piangeva e mi chiedeva se per pietà la uccidevo perchè non voleva soffrire. Grassa e tragica, Poi l'uomo mi ha portato nella sua casa e siamo state divise, in questo frigorifero. La Grassa, che stava tirando gli ultimi, l'hanno messa sopra, in un reparto da dove viene un vento gelido. Io sono stata messa in uno scatolone di vetro, insieme ad una salma di branzino da tre chili. Mi ci sono sdraiata sopra, era un lettone gelido e un pò umido. E ho aspettato.
Quella sera hanno preso la Grassa, e io ho spento il radar, perchè non mi andava di sentire tutte le sue lamentele e le volontà testamentarie prima di morire. Ho riacceso le antenne solo un attimo. Mi ha comunicato che, bontà loro, gli umani ti fanno morire nel tuo elemento: L'acqua. Poi ho sentito distintamente il messaggio: "aiuto, che caldo". Poi basta: addio alla Grassa. Ho dormito tutta la notte, mentre il frigorifero ronzava e ogni tanto si apriva e un uomo sudato tirava fuori acqua e liquidi di vari colori. A un certo punto mi ha anche guardato. stavo immobile, sospettosa. Allora mi ha tirato per un'antenna. Mi sono mossa. Ha detto, meno male è ancora viva. Che buon cuore. Capisco tutto quello che dicono ormai, ogni suono e vibrazione, ascolto ogni loro discorso.

Bene, stasera il mio destino si compie. Mi hanno preso, mi hanno legato e ora il padrone di casa mi porta verso la camera della morte, mi tiene davanti a sè a braccia protese, come una vittima sacrificale. Ed ecco in fondo la pentola fatale, il fumo che esce, e quattro persone che lanciano gridolini di finto orrore, oh dio poverina, sento dire, una donna fa finta di non voler guardare ma sbircia, un'altra sghignazza, sembra deriderla, un uomo fa la faccia seria per sottolineare che lui non è un sadico, ma purtroppo questa è la legge della natura; il quarto invece è rosso, eccitato e si vede che la scena gli piace. Ecco che il boia mi tiene sopra la pentola. Sento un gran caldo, un altro gridolino di donna e il boia ha un momento di esitazione, sa che mi deve ficcare dentro in un colpo, se no con la coda lo ustiono. Si prepara a uccidermi, trattiene il respiro, anche tutti gli altri lo trattengono, il sole si ferma in cielo e le onde si fermano nel mare, capisco che quell'attimo di silenzio cosmico è ciò che aspettavo. Alzo un'antenna, come un dito puntato verso il suo viso e imitando la voce umana, con un scricchiolante falsetto gli dico:
"Ma lei ci crede nella reincarnazione?".
E adesso fatti loro. Io, da questo momento, non parlerò più, vengano pure gli scienziati e le televisioni di tutto il mondo. Se ho capito la parola.

Pillola del giorno: Pasta a le tre grazie*
Sto piatto, de finezze pastorizie,
è come un diversivo pè la gola,
e dato che nun serve l'Arta Scola
riesce bene puro a le novizie.

Tre grazie- tre sapori-tre delizie.
Crema de latte, buro e gorgonzola:
Tre grazie che mischiate in una sola
diventeno un campione de primizie.

Messe a bagno maria(ce vò un seconno)
cò sarvia, pepe bianco e poi più gnente...
ce viè 'na sarsa ch'è la fin der monno.

'Na sciccheria ar de sopra d'ogni critica,
perchè se digerisce facirmente
pure si se discute de politica.

*Volendo si può aggiungere un pò di parmigiano... io ne farei a meno... forse... francamente non sono in grado di consigliare niente di preciso, perchè questa salsa concepita stanotte in un'ora d'insonnia ancora la debbo sperimentare.
Aldo Fabrizi.

domenica 17 agosto 2008

Nuovo racconto di Stefano Benni: Lara.

Nella foto: Barriera corallina, atollo di Mururoa.

Di Stefano Benni: Lara.

Ho sempre saputo di essere diversa fin da quando ero giovane. Non chiedetemi perchè.
Avevo cambiato pelle poche volte, e vivevo tra i coralli della scalomata., centoventi metri sotto il mare.
Già da allora passavo molto tempo in solitudine mentre le mie compagne si rincorrevano scodando, si infilavano nelle tane sfidando i polpi, e mangiavano pesci morti con delicati gesti delle nostre posate naturali, le chele.

Già da allora guardavo in su, verso quel punto misterioso da dove, nelle giornate limpide in cui non c'era burrasca, veniva quella luce, quel colore di un altro pianeta.
Già da allora scrutavo nel fondo, e lanciavo i miei ultrasuoni nell'abisso da dove salivano le mie simili più grandi, i pesci dai grandi occhi allucinati e le piovre sinuose.

E più di tutte invidiavo la balena, il grande corpo scuro che poteva precipitare giù fino ai duemila metri, scomparendo nel buio gelido, ma anche involarsi verso la luce, passandomi vicino con l'occhio ebbro di profondità, senza vedermi, perchè ero troppo piccola per lei, una piccola aragosta rossa, brillante come un corallo, ma con un destino doverso da tutte le altre, il mio nome è Lara.

Già da allora sapevo fare qualcosa in più delle mie compagne, il radar delle mie antenne era più potente del loro, captavo tutti i rumori del mare e potevo riprodurli con facilità, sapevo simulare il canto della balena e la risata del delfino, riuscivo a imitare il sibilo minaccioso che emette la piovra nuotando a propulsione, e a volte con quel sibilo spaventavo le mie compagne, arrivando da lontano. Ma non usavo queste mie capacità per dare spettacolo. Non era un gioco, faceva parte della mia curiosità per il mondo cosi vasto e tutto da scoprire. Non mi bastava il mondo di mezzo, la zona delle rocce coralline e delle attinie, dei lenti banchi di paraghi e delle migrazioni dei tonni. Mi piaceva esplorare, su e giù, i misteri della luce e del profondo.

Andavo spesso verso il lato più oscuro del mare, scendevo lungo la parete della scalomata finchè la pressione non mi stringeva la corazza in una morsa, finchè sentivo tutte le cartilagini scricchiolare e gemere. (Forse è un rumore che avete già sentito, se avete bollito qualcuna di noi).

Nuotavo verso il buio e incontravo pesci che non avevo mai visto, soli o a branchi, nubi di gamberi e sciami di calamari. Vidi il Pelacadon luminoso passarmi davanti come un riflesso di sole, inseguito da una forma oscura, alata, forse una manta, e dietro passò qualcosa di ancora più grosso, facendo rombare l'acqua e le mie antenne, perchè questa è la prima regola del mare:

Nessuno è tanto grande da non incontrare un giorno qulacuno più grande di lui.

Oh, io ero piccola. Non più di venti centimetri, e non avevo neanche le chele robuste dell'astice, quel prepotente verdastro sempre pronto ad azzuffarsi con noi e mutilarci. Non sapevo neanche mimetizzarmi come la cicala preistorica, non mi nascondevo nella sabbia, come la rana pescatrice, non avevo per difendermi il nero della seppia nè i denti della murena, o i tentacoli della piovra. Avevo la corazza, ma era un ben misero guerriero. Necrofago, mangiatore di carne morta. E per mia sfortuna, ero anche carne pregiata.

Una volta scesi fino a quattrocento metri e incontrai le aragoste bianche. Ne avevo sentito parlare ma non le avevo mai viste. Erano molto grandi, cinque o sei volte più di me, e si muovevano come spettri. Alcune erano trasparenti e potevo vedere la linfa scorrere nelle zampe, nelle antenne, fino agli occhi. Danzavano (questo mi era già stato raccontato), nuotavano in fondo con lenti battiti di coda, seguendo un percorso che scendeva a spirale. Ascoltavano la musica della corrente, la corrente fredda dei calamari che attraversa le acque tiepide in quel punto, quasi un mare dentro al mare.

Compresi subito il motivo di quella danza: proprio al centro del girotondo c'era un'aragosta bianca più grande di tutte. Non batteva più la coda, agitava solo un poco le zampe, a pancia in su: stava morendo, e le altre la accompagnavano verso il fondo. La grande moribonda scendeva piano, roteava, si lasciava andare: niente mi sembrò più desiderabile di quella caduta angelica. Ma mentre risalivo, capii che, nello stesso modo, desideravo la luce sopra di me, l'ascesa vertiginosa verso un altro mistero.
Quando tornai, le compagne risero di me. Il freddo aveva coperto la mia corazza di una patina scura, le mie antenne vibravano. Mi chiesero se avessi visto il Kraken lungo come sette navi, o l'astice lupo che taglia in due le aragoste, una metà la divora e l'altra la possiede, o se avessi trovato un bel cadavere di marinaio da mangiare. Facci l'imitazione del verso del Celacadonte, disse una . Non mi curai di loro.

Avevo cambiato carapace altre dieci volte, quando infine ebbi dal destino il segno che aspettavo. Mentre osservavo i perfidi agguati di una rana pescatrice nascosta nella sabbia, scorsi sospesa nell'acqua un'immensa rete. Oh, non era la prima volta. Avevo visto spesso le mie sciocche amiche precipitarsi sui pesci catturati dalle maglie, avevo voltato la testa quando le avevo viste dibattersi prigioniere, scuotersi in un'inutile lotta, farsi divorare vive dalle pulci di mare e penzolare impiccate alle pareti di corda. Ma quella rete era diversa: dietro di essa, per la prima volta, mi apparve un uomo. Era tutto nero, con lunghe pinne. Sapevo che quello non era il suo aspetto naturale, ma un travestimento per entrare nel nostro regno. Eppure non sembrava tanto diverso dalle creature del mare. Dietro di sè lasciava una bellissima scia di perle d'aria, alcune piccole e frenetiche, altre grosse, come meduse, che volavano verso l'alto.

Imaparai subito ad imitare il loro rumore, il loro scoppio leggero. Capii subito che cosa interessava l'uomo. Cercava il corallo, il nostro villaggio-albero, la casa dove milioni di piccoli animali vivono insieme. C'era un bosco di corallo, che conoscevo bene, su una roccia circolare bucata da tane di cernie. C'erano voluti anni e anni perchè quel bosco fosse costruito. Ora l'uomo ne staccava i rami, e li metteva in una piccola rete. Stava orizzontale sul fondo, nella stessa posizione dei pesci, muovendo lentamente le pinne, e lavorava tranquillo. Tra me e lui c'era la rete. Cosi non mi spaventai quando mi vide. Forse sarei scappata, o forse no. Ma la rete c'era, ed era un ostacolo anche per lui.
Mi avvicinai, tanto da potergli vedere gli occhi, dietro la parete trasparente della sua corazza. Mi guardò a sua volta, e con la mano fece un goffo tentativo di passare attraverso le maglie per catturarmi. Pensai che sarebbe stato comico se fosse rimasto impigliato anche lui nella rete come una sciocca aragosta, avrei partecipato anch'io al banchetto, non ho mai mangiato un umano, ma in fondo è carne, nient'altro, e dopo un poco frolla e puzza come tutto.
Desistette presto dal suo tentativo, e si rimise a lavorare. Poi assunse una posizione diversa, pinne in basso e testa in alto, e risali verso la luce. Io lo seguii, andava veloce ma riuscii a raggiungerlo. Mi accorsi che mi guardava stupito. Poi la rete che ci separava fini, c'erano solo delle lunghe corde tra noi, ma l'uomo non fece nessun tentativo per catturarmi, capii che aveva fretta di risalire, che il mare in quel momento gli faceva paura. Improvvisamente si fermò, aggrappato a una corda che veniva dall'alto, dove si vedeva chiaramente la pancia bianca di una barca. Si fermò come istupidito.

Si tolse dalla schiena la macchina che lo faceva respirare e fare bolle, e dall'alto gliene calarono un'altra. Ora stava fermo, e respirava calmo. forse non voleva tornare più su, si trovava bene li. Mi misi a girargli attorno. Pensavo che avremmo potuto fare amicizia. In fondo eravamo in una zona intermedia, là dove non c'è più il buio profondo e la luce non è ancora accecante, dove passa la corrente tiepida, dove giocano i delfini. cosi provai con le antenne a a sentire la consistenza delle sue pinne. Lui mi guardava e sembrava interessato ai miei movimenti. Gli vidi in mano una lastra nera, su cui tracciò dei segni. La legò a una corda, tirò e la lastra nera sali verso la luce. Ora aspettava qualcosa. Dall'alto scese un oggetto oblungo. Proprio all'ultimo momento vidi che aveva in cima un arpione, un dente a tre punte. Intuii il pericolo e scappai. L'arpione mi sibilò vicino con tutta la sua cattiveria e terminò la sua corsa con una capriola violenta.
Non era facile fare amicizia con l'uomo, i delfini me l'avevano detto, oppure avevo voluto provare. Ma quel giorno avevo anche capito che il mio destino mi portava su, verso il mondo della luce.

Fine prima parte.

Pillola del giorno: L'amatriciana mia.

Soffriggete in padella staggionata*,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz'etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.

Ar punto che 'sta robba è rosolata,
schizzatela d'aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.

Appresso er dado, che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano**,
cò un ciuffo de basilico pè odore.

E ammalappena er sugo fa l'occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.

* Di ferro. spiegarvi il perchè sarebbe troppo faticoso, abbiate fede.
** Pregiata qualità di pomidoro della zona del Sarno vicino Napoli. cioè la migliore qualità di pelati, se invece sono di stagione, spaccateli in due nel senso della lunghezza per controllare se ci sono macchie scure e, tolti i semi, fateli cuocere a pezzi senza spellarli: le bucce sono impregnate di sole e perciò più saporose.
*** Io ho simpatia per i maccaroncelli... perchè fanno più volume a causa del buco e perchè quando si mangiano allegramente ... fischiano... a ogni modo questa salsa va bene con tutti i formati, meno naturalmente quelli piccoli e, secondo me, è la più fragrante, la più saporosa, la più virile fra tutte, specie se il pecorino è romano e il peperoncino pizzica.
Aldo Fabrizi.

sabato 16 agosto 2008

Il Re Moro di Stefano Benni.


Nella foto: Otello di William Shakespeare ( http://it.wikipedia.org/wiki/William_Shakespeare ).
Da un racconto di Stefano Benni: Il Re Moro.
Il Re Moro entrò nella scuderia. Sul volto d'ebano brillavano gli occhi feroci che tanto terrore incutevano ai nemici durante le battaglie. Osservò i due cavalli, uno bianco e uno nero, purosangue di incredibile bellezza. Li valutò attentamente poi con fare deciso, mosse verso il cavallo bianco. Fu una questione di pochi attimi, il cavallo, con un doppio balzo, si avventò sul Re Moro e lo mangiò.
Il Re si era dimenticato di essere il re degli scacchi.
Pillola del giorno: La pastasciutta: La cottura.
I
Nun è 'na cosa tanto compricata,
però bisogna sempre fà attenzione
perchè ce vò 'na certa proporzione
fra tipo e quantità che va lessata.
Me spiego: quella fina e delicata,
va bene tutt'ar più pè dù persone,
ma si presempio se ne fa un pilone,
basta un seconno in più che viè incollata.
Insomma c'è 'na regola importante:
fino a tre etti se pò fa leggera
poi più s'aumanta e più ce vò pesante.
Er sale è mejo poco, l'acqua assai,
un litro a etto, l'unica maniera,
perchè la pasta nun s'incolli mai.
II
Un'antra cosa: mai bollita stretta,
e quanno l'acqua è in piena bollitura,
se butta giù, e la pila se riattura
pè fa riarzà er bollore in fretta in fretta.
Poi dopo un pò s'assaggia 'n'anticchietta;
appena è cotta, ancora bella dura,
se leva e je se ferma la cottura
coll'acqua fresca sotto la bocchetta.
Doppo girata un attimo, scolate:
quanno l'ultima gocciola viè fòri
conditela de prescia e scodellate.
Si c'è quarcuno, attenti a controllavve:
"mangiate calmi, piano, da signori",
si state soli... attenti a nun strozzavve!